La recente introduzione del procedimento semplificato manifesta la volontà del legislatore di coniugare la diversificazione dei modelli di tutela a cognizione piena con l’applicazione del principio di proporzionalità, rimettendo ad valutazione discrezionale del giudice intorno alla minore o maggiore complessità della controversia la scelta del rito da far aderire alla specifica controversia. L’articolo concentra la propria attenzione sul meccanismo (centrale) della conversione del rito, prendendo le mosse dalla (presunta) obbligatorietà del nuovo rito e i dai presupposti del mutamento, dedicando specifica attenzione all’esegesi del concetto di complessità della lite e al regime descritto per l’ordinanza con cui il giudice dispone la conversione. Il quadro che ne emerge è di un meccanismo che, complice il momento del procedimento in cui la conversione può essere disposta, non sembra destinato ad avere un reale impatto o ad offrire concreti benefici.