Il fenomeno della contrattazione aziendale 2010-11 è espressione di una sua diversità essenziale (più che specialità) rispetto alla contrattazione sistematica. La diversa ontologia della contrattazione aziendale in parola è nella sua rispondenza a logiche ed esigenze diverse da quelle dell’uniformazione dei rapporti di lavoro in un quadro di solidarietà (nazionale) di categoria. Il fenomeno legittima la domanda: ha ancora senso parlare di assetti contrattuali fondati su un duplice livello? In risposta deve concludersi che non ha un gran senso ragionare ed interpretare un contratto collettivo aziendale, raggiunto in risposta a logiche esclusivamente endoaziendali, anche alla luce di una sua possibile collocazione sistematica secondo la tradizionale duplicità di livelli. Ma non per questo deve dirsi superato un sistema contrattuale su due livelli: Ha ancora senso parlare di una contrattazione sistematica che preveda un primo e secondo livello, ed anzi deve parlarsene promuovendola e difendendola, rispetto a quelle realtà produttive della PMI (vero sostrato produttivo nazionale) che solo attraverso una sinergia di coesione e coerenza di scelte di Categoria possono avere utile peso contrattuale e ruolo di coartefici del governo dell’economia. Il fenomeno comunque evidenzia almeno altri due ordini di problemi coi quali confrontarsi: le vicende dei soggetti collettivi (leggi: problemi intorno alla disunità sindacale); il connesso problema della selezione degli interlocutori rispetto al quale ultimo c’è da chiedersi se un approccio di selezione “coatta” per legge oggi sia utile ovvero non sia pericoloso. Si tratta di problemi che potrebbero far sorgere il ragionevole dubbio se questa “nuova” contrattazione aziendale non richieda l’impiego di nuovi schemi di ragionamento, di nuove regole interpretative e di esecuzione, di un nuovo metodo di indagine della realtà sociale sindacale. La crisi di rappresentanza e di ruoli del contratto collettivo oggi sembrano suggerire l’opportunità di un abbandono delle tecniche che esasperano la presunzione di rappresentanza che non reggono rispetto all’esasperazione del dissenso che oggi è anche individuale. L’individuazione di utili metodi e criteri di indagine dell’affermarsi della libertà sindacale nella contrattazione collettiva, questi devono essere nuovamente individuati nel rilievo della volontà libera, appunto, e consapevole dei soggetti che agiscono sindacalmente, recuperando al centro del riconoscimento giuridico dell’azione sindacale la sua essenza: l’essere autoregolamento (o autolimite) dei privati interessi, sì, ma alla stregua dell’ordinamento giuridico. L’applicazione dei principi e dei criteri privatistici (libertà e volontà dell’azione) è garanzia della effettiva (leggi: genuina) efficacia del contratto collettivo, di qualunque ambito o livello esso sia, giacché solo per tale via il contratto collettivo è attuabile espressione dell’essenza negoziale dei soggetti che agiscono per individuarne i contenuti. Si tratta, inoltre, di principi e criteri che ben possono accompagnare anche le istanze di partecipazione dei lavoratori all’impresa pur senza una attuazione di dettaglio dell’art. 46 Cost. ma affidando proprio al contratto collettivo di diritto comune il luogo della prevenzione del conflitto, di per sé antitetico alla partecipazione.
La “nuova” contrattazione collettiva aziendale fra crisi di rappresentanza e crisi degli assetti contrattuali
TESTA F
2012-01-01
Abstract
Il fenomeno della contrattazione aziendale 2010-11 è espressione di una sua diversità essenziale (più che specialità) rispetto alla contrattazione sistematica. La diversa ontologia della contrattazione aziendale in parola è nella sua rispondenza a logiche ed esigenze diverse da quelle dell’uniformazione dei rapporti di lavoro in un quadro di solidarietà (nazionale) di categoria. Il fenomeno legittima la domanda: ha ancora senso parlare di assetti contrattuali fondati su un duplice livello? In risposta deve concludersi che non ha un gran senso ragionare ed interpretare un contratto collettivo aziendale, raggiunto in risposta a logiche esclusivamente endoaziendali, anche alla luce di una sua possibile collocazione sistematica secondo la tradizionale duplicità di livelli. Ma non per questo deve dirsi superato un sistema contrattuale su due livelli: Ha ancora senso parlare di una contrattazione sistematica che preveda un primo e secondo livello, ed anzi deve parlarsene promuovendola e difendendola, rispetto a quelle realtà produttive della PMI (vero sostrato produttivo nazionale) che solo attraverso una sinergia di coesione e coerenza di scelte di Categoria possono avere utile peso contrattuale e ruolo di coartefici del governo dell’economia. Il fenomeno comunque evidenzia almeno altri due ordini di problemi coi quali confrontarsi: le vicende dei soggetti collettivi (leggi: problemi intorno alla disunità sindacale); il connesso problema della selezione degli interlocutori rispetto al quale ultimo c’è da chiedersi se un approccio di selezione “coatta” per legge oggi sia utile ovvero non sia pericoloso. Si tratta di problemi che potrebbero far sorgere il ragionevole dubbio se questa “nuova” contrattazione aziendale non richieda l’impiego di nuovi schemi di ragionamento, di nuove regole interpretative e di esecuzione, di un nuovo metodo di indagine della realtà sociale sindacale. La crisi di rappresentanza e di ruoli del contratto collettivo oggi sembrano suggerire l’opportunità di un abbandono delle tecniche che esasperano la presunzione di rappresentanza che non reggono rispetto all’esasperazione del dissenso che oggi è anche individuale. L’individuazione di utili metodi e criteri di indagine dell’affermarsi della libertà sindacale nella contrattazione collettiva, questi devono essere nuovamente individuati nel rilievo della volontà libera, appunto, e consapevole dei soggetti che agiscono sindacalmente, recuperando al centro del riconoscimento giuridico dell’azione sindacale la sua essenza: l’essere autoregolamento (o autolimite) dei privati interessi, sì, ma alla stregua dell’ordinamento giuridico. L’applicazione dei principi e dei criteri privatistici (libertà e volontà dell’azione) è garanzia della effettiva (leggi: genuina) efficacia del contratto collettivo, di qualunque ambito o livello esso sia, giacché solo per tale via il contratto collettivo è attuabile espressione dell’essenza negoziale dei soggetti che agiscono per individuarne i contenuti. Si tratta, inoltre, di principi e criteri che ben possono accompagnare anche le istanze di partecipazione dei lavoratori all’impresa pur senza una attuazione di dettaglio dell’art. 46 Cost. ma affidando proprio al contratto collettivo di diritto comune il luogo della prevenzione del conflitto, di per sé antitetico alla partecipazione.File | Dimensione | Formato | |
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