La monografia si propone di cogliere il senso odierno delle caratteristiche di rigidità “rinforzata”, di cui è dotato dall’ordinamento nazionale l’istituto delle ferie, alla luce della apparentemente incoerente sistemazione dello stesso nel più ampio ambito normativo dei tempi del lavoro, di cui alla Direttiva 2003/88/CE e al D.Lgs. 66/2003, che, invece, si connota per ampi spazi di flessibilità. Così, partendo dal significato unificante che lo stesso fattore tempo ha per l’uomo e per il suo lavoro, attesa la nota implicazione (più che immanenza) della persona nel prestare il proprio lavoro, e che consente di andare oltre una valutazione come mero accidente, o retaggio tradizionalista, della sistemazione di una disciplina molto rigida (quella sulle ferie) al fianco di una divenuta molto flessibile (quella sugli altri tempi di lavoro), si è voluto dare risposta al se ed al come la disciplina dei tempi di lavoro, ivi inclusa quella delle ferie, si colloca rispetto alla ormai consolidata linea evolutiva del diritto del lavoro verso il diritto del mercato; Un ambito di mercato, infatti, ritengo possa essere individuato anche per i tempi di lavoro; ambito ordinato da quella razionale calcolabilità che il modulo della flessibilità offre alla misurazione della prestazione utile e che, nella considerazione delle ferie come il “distacco” dal lavoro, funzionale all’affermazione sociale della persona anche oltre il lavoro, rappresenta il contesto, giuridicamente rilevante e non meramente fattuale, della funzionalità che è riconosciuta alla protezione delle esigenze di contrappeso al potere organizzativo dell’imprenditore nell’interesse del lavoratore. E’, questo, un approccio problematico al tema che senz’altro coinvolge questioni più ampie quali quelle del rapporto fra diritto ed economia e, prima ancora, fra norma e realtà fattuale; ma è un approccio che potrebbe risultare necessario rispetto ai tempi attuali, che conduce a considerare l’istituto delle ferie ponendo al centro il principio di effettività del diritto che, almeno nelle intenzioni della norma costituzionale, dovrebbe essere il corollario del principio di irrinunciabilità dalla stessa previsto, e che si confronta inevitabilmente con il limite della sopraggiunta impossibilità a ricevere la prestazione di lavoro e con quello derivante dal bilanciamento con altri precetti costituzionali sia pure programmatici, ma fondanti l’intero assetto giuslavoristico, qual è quello del diritto al lavoro, per cui, ad esempio, appare legittimo chiedersi, soprattutto in tempo di crisi, se quel limite dell’irrinunciabilità e della sua necessaria effettività non possano essere d’ostacolo, in determinate circostanze straordinarie, al mantenimento dei livelli occupazionali dell’impresa.
Il diritto alle ferie del lavoratore subordinato
TESTA F
2012-01-01
Abstract
La monografia si propone di cogliere il senso odierno delle caratteristiche di rigidità “rinforzata”, di cui è dotato dall’ordinamento nazionale l’istituto delle ferie, alla luce della apparentemente incoerente sistemazione dello stesso nel più ampio ambito normativo dei tempi del lavoro, di cui alla Direttiva 2003/88/CE e al D.Lgs. 66/2003, che, invece, si connota per ampi spazi di flessibilità. Così, partendo dal significato unificante che lo stesso fattore tempo ha per l’uomo e per il suo lavoro, attesa la nota implicazione (più che immanenza) della persona nel prestare il proprio lavoro, e che consente di andare oltre una valutazione come mero accidente, o retaggio tradizionalista, della sistemazione di una disciplina molto rigida (quella sulle ferie) al fianco di una divenuta molto flessibile (quella sugli altri tempi di lavoro), si è voluto dare risposta al se ed al come la disciplina dei tempi di lavoro, ivi inclusa quella delle ferie, si colloca rispetto alla ormai consolidata linea evolutiva del diritto del lavoro verso il diritto del mercato; Un ambito di mercato, infatti, ritengo possa essere individuato anche per i tempi di lavoro; ambito ordinato da quella razionale calcolabilità che il modulo della flessibilità offre alla misurazione della prestazione utile e che, nella considerazione delle ferie come il “distacco” dal lavoro, funzionale all’affermazione sociale della persona anche oltre il lavoro, rappresenta il contesto, giuridicamente rilevante e non meramente fattuale, della funzionalità che è riconosciuta alla protezione delle esigenze di contrappeso al potere organizzativo dell’imprenditore nell’interesse del lavoratore. E’, questo, un approccio problematico al tema che senz’altro coinvolge questioni più ampie quali quelle del rapporto fra diritto ed economia e, prima ancora, fra norma e realtà fattuale; ma è un approccio che potrebbe risultare necessario rispetto ai tempi attuali, che conduce a considerare l’istituto delle ferie ponendo al centro il principio di effettività del diritto che, almeno nelle intenzioni della norma costituzionale, dovrebbe essere il corollario del principio di irrinunciabilità dalla stessa previsto, e che si confronta inevitabilmente con il limite della sopraggiunta impossibilità a ricevere la prestazione di lavoro e con quello derivante dal bilanciamento con altri precetti costituzionali sia pure programmatici, ma fondanti l’intero assetto giuslavoristico, qual è quello del diritto al lavoro, per cui, ad esempio, appare legittimo chiedersi, soprattutto in tempo di crisi, se quel limite dell’irrinunciabilità e della sua necessaria effettività non possano essere d’ostacolo, in determinate circostanze straordinarie, al mantenimento dei livelli occupazionali dell’impresa.File | Dimensione | Formato | |
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