Nell’ambito del presente scritto l’autore cerca di accertare se, anche nell’esperienza romana, si diano casi di normazione vincolistica dei beni immobili privati, invalsa al fine di tutelare il valore storico-artistico degli stessi. Si ha modo di verificare che l’intento, che prevalentemente muove i legislatori delle differenti epoche, condizionando inevitabilmente anche la riflessione della giurisprudenza, non è però - lo si può dire - quello di tutelare le aedes private per la loro importanza storico-artistica in sé considerata, ma in quanto grazie a quest’ultima esse contribuiscano al decus urbanum. Pur con importanti eccezioni, ravvisabili soprattutto (ma non soltanto) nell’età adrianea, e forse in generale antonina, allorché correnti più colte sembrano effettivamente influenzare la produzione legislativa e giurisprudenziale in materia, il fatto che anche gli ambienti di una casa non esposti alla pubblica vista in un contesto cittadino possano essere dotati di notevole pregio, sul piano artistico, non pare suscitare analogo interesse. In qualche raro caso, la preoccupazione di proteggere l’ornato urbano, che pur normalmente coincide con quella di proteggere almeno alcuni dei beni di cui l’autore si occpa, può addirittura comportare il sacrificio di questi ultimi. Quanto alle villae di campagna, resta d’altra parte significativa la circostanza che per lo meno alcuni provvedimenti riservino ad esse un trattamento non diverso rispetto a quello previsto per le domus di città. In che cosa poi generalmente consista questo trattamento, ossia quale sia il ‘contenuto’ della disciplina vigente nelle varie fasi storiche che sono state esaminate, è un dato che viene in qualche modo accertato e che per certi versi sorprende, perché si sostanzia in una considerevole limitazione dei poteri del proprietario privato che, per l’esperienza romana, non era affatto scontato di poter riscontrare. Norme severamente sanzionate, come per esempio quelle che proibiscono di distruggere o danneggiare anche solo in parte le dimore in questione, o di distaccarne gli ornamenti, affissi alle pareti esterne e in certi casi persino interne all’edificio, o che ancora obbligano il dominus ad adoprarsi a proprie spese per la manutenzione ed il restauro dello stesso quando sia in stato di degrado, sono norme di cui viene qui senza dubbio acclarato l’appartenenza anche all’ordinamento romano, e non solo a quello odierno.
La tutela dei beni immobili privati di interesse storico-artistico nell'esperienza romana
FRANCHINI L
2016-01-01
Abstract
Nell’ambito del presente scritto l’autore cerca di accertare se, anche nell’esperienza romana, si diano casi di normazione vincolistica dei beni immobili privati, invalsa al fine di tutelare il valore storico-artistico degli stessi. Si ha modo di verificare che l’intento, che prevalentemente muove i legislatori delle differenti epoche, condizionando inevitabilmente anche la riflessione della giurisprudenza, non è però - lo si può dire - quello di tutelare le aedes private per la loro importanza storico-artistica in sé considerata, ma in quanto grazie a quest’ultima esse contribuiscano al decus urbanum. Pur con importanti eccezioni, ravvisabili soprattutto (ma non soltanto) nell’età adrianea, e forse in generale antonina, allorché correnti più colte sembrano effettivamente influenzare la produzione legislativa e giurisprudenziale in materia, il fatto che anche gli ambienti di una casa non esposti alla pubblica vista in un contesto cittadino possano essere dotati di notevole pregio, sul piano artistico, non pare suscitare analogo interesse. In qualche raro caso, la preoccupazione di proteggere l’ornato urbano, che pur normalmente coincide con quella di proteggere almeno alcuni dei beni di cui l’autore si occpa, può addirittura comportare il sacrificio di questi ultimi. Quanto alle villae di campagna, resta d’altra parte significativa la circostanza che per lo meno alcuni provvedimenti riservino ad esse un trattamento non diverso rispetto a quello previsto per le domus di città. In che cosa poi generalmente consista questo trattamento, ossia quale sia il ‘contenuto’ della disciplina vigente nelle varie fasi storiche che sono state esaminate, è un dato che viene in qualche modo accertato e che per certi versi sorprende, perché si sostanzia in una considerevole limitazione dei poteri del proprietario privato che, per l’esperienza romana, non era affatto scontato di poter riscontrare. Norme severamente sanzionate, come per esempio quelle che proibiscono di distruggere o danneggiare anche solo in parte le dimore in questione, o di distaccarne gli ornamenti, affissi alle pareti esterne e in certi casi persino interne all’edificio, o che ancora obbligano il dominus ad adoprarsi a proprie spese per la manutenzione ed il restauro dello stesso quando sia in stato di degrado, sono norme di cui viene qui senza dubbio acclarato l’appartenenza anche all’ordinamento romano, e non solo a quello odierno.File | Dimensione | Formato | |
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