La storia drammatica di Gerusalemme e della sua comunità cristiana pone in modo emblematico il problema del rapporto fra eventi, ecclesiologia e sviluppi liturgici, manifestando le implicazioni più profonde della dialettica fra continuità e mutamento propria dello specifico liturgico. Il ruolo di exemplum svolto dalla Chiesa agiopolita e dalle liturgie celebrate all’interno del complesso del Santo Sepolcro subì mutamenti profondi dopo il sacco della città da parte dei persiani sasanidi nel 614 e dopo la conquista araba a partire dagli anni Trenta del secolo. Tuttavia il senso di appartenenza della città all’ecumene cristiana tutta e della Cristianità alla città appare addirittura rafforzarsi, nonostante la riduzione dei pellegrinaggi e il progressivo isolamento delle gerarchie ecclesiastiche locali. Lo dimostra la moltiplicazione di testi descrittivi della città e del complesso del Golgota e del Sepolcro destinati alla predicazione, alla devozione, alla celebrazione agiografica. Liturgie e devozioni appaiono ormai codificate, dotate di una fissità propria, non scalfita dagli eventi. Da una parte, quindi, le cesure che hanno sconvolto la città e la sua Chiesa hanno intaccato riti e spazi di celebrazione, inducendo innovazioni e riprese, strappi e ricuciture, costruzioni e ricostruzioni. Dall’altra, l’esigenza di una fissità memoriale e identitaria ha polarizzato l’elaborazione liturgica intorno all’unicità degli ipsissima loca e alla loro funzione di segni immutabili. Proprio questi ultimi finiranno per assumere un ruolo preponderante nei secoli successivi, anche rispetto alle celebrazioni specifiche della comunità locale.
Il modello gerosolimitano: continuità e trasformazione nella liturgia della Chiesa di Gerusalemme
Salvarani R
2011-01-01
Abstract
La storia drammatica di Gerusalemme e della sua comunità cristiana pone in modo emblematico il problema del rapporto fra eventi, ecclesiologia e sviluppi liturgici, manifestando le implicazioni più profonde della dialettica fra continuità e mutamento propria dello specifico liturgico. Il ruolo di exemplum svolto dalla Chiesa agiopolita e dalle liturgie celebrate all’interno del complesso del Santo Sepolcro subì mutamenti profondi dopo il sacco della città da parte dei persiani sasanidi nel 614 e dopo la conquista araba a partire dagli anni Trenta del secolo. Tuttavia il senso di appartenenza della città all’ecumene cristiana tutta e della Cristianità alla città appare addirittura rafforzarsi, nonostante la riduzione dei pellegrinaggi e il progressivo isolamento delle gerarchie ecclesiastiche locali. Lo dimostra la moltiplicazione di testi descrittivi della città e del complesso del Golgota e del Sepolcro destinati alla predicazione, alla devozione, alla celebrazione agiografica. Liturgie e devozioni appaiono ormai codificate, dotate di una fissità propria, non scalfita dagli eventi. Da una parte, quindi, le cesure che hanno sconvolto la città e la sua Chiesa hanno intaccato riti e spazi di celebrazione, inducendo innovazioni e riprese, strappi e ricuciture, costruzioni e ricostruzioni. Dall’altra, l’esigenza di una fissità memoriale e identitaria ha polarizzato l’elaborazione liturgica intorno all’unicità degli ipsissima loca e alla loro funzione di segni immutabili. Proprio questi ultimi finiranno per assumere un ruolo preponderante nei secoli successivi, anche rispetto alle celebrazioni specifiche della comunità locale.File | Dimensione | Formato | |
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