Com’è noto la dinamica della paternità quale legame soggettivo con l’opera, implica l’esistenza di un vulnus ogniqualvolta si incrini quel legame, con la conseguenza di un automatismo lesivo, che prescinde dall’intensità della lesione. Nella vicenda del diritto all’integrità dell’opera, la tutela, invece, non si dirige all’opera in quanto tale, ma alla capacità di evocare il suo autore, insita nel tratto artistico in essa compresente, con la conseguenza che non interessi ex se l’integrità del corpus mechanicum, ma la sua rappresentazione esteriore. Integrità, peraltro, non solo materiale – si pensi al progressivo decadimento qualitativo che, specie per l’ascolto della musica, le nuove tecnologie hanno comportato rispetto ai precedenti supporti di riproduzione (è nota tra i cultori della materia, la maggiore qualità del suono di un disco in vinile rispetto a quello compattato in un file) – ma anche di indole strutturale, ove ad esempio si verifichi che l’opera si manifesti nella sua fisica integrità, ma il contesto, le modalità, l’utilizzo nell’esposizione possano pregiudicare l’autore, in quanto l’intervento è idoneo a falsare il carattere e il significato dell’opera nel giudizio del pubblico. Proprio in questo settore la casistica riduce la lesione del diritto morale in tutti quei casi in cui la lesione all’integrità dell’opera comporti vicende di degrado tali da riflettersi sull’artista creatore, con riferimento sia ad imperfezioni fisiche (come la masterizzazione difettosa di musica o la degradazione informatica della riproduzione di un’opera d’arte), che al contesto distributivo (come l’abbinamento dell’opera nei social network a campagne promozionali di altri prodotti e servizi), così riducendo l’emersione di particolari spunti definitori di nuovi danni alla personalità artistica dell’autore. Il che finisce per segnalare definitivamente la coloritura economicistica del tratto morale, che meccanicamente riflette la prassi di parametrare il danno sul prezzo della mancata monetizzazione del consenso. In questa tendenza si iscrive il D.M. 30 dicembre 2009 del Ministro per i Beni e le Attività culturali di rideterminazione dei compensi per copia privata, che prevede il prelievo di una somma forfettaria su ogni apparecchio di memoria venduto, commisurata all’estensione della memoria stessa, da attribuire alla Siae che poi la ripartirà tra i titolari dei diritti di privativa, con ciò consacrando una sorta di riparazione preventiva per l’eventualità che con tali dispositivi si copino opere coperte da privative. Il che – oltre a suscitare problemi di compatibilità con la normativa europea, come recentemente stabilito dalla Corte di Giustizia – lascia sullo sfondo l’eventualità che la copiatura delle opere dell’ingegno possa comportare altresì menomazioni all’integrità delle stesse tali da riflettersi sull’interesse morale dell’autore.
Il danno non patrimoniale per lesione del diritto d'autore
GAMBINO A. M.
2010-01-01
Abstract
Com’è noto la dinamica della paternità quale legame soggettivo con l’opera, implica l’esistenza di un vulnus ogniqualvolta si incrini quel legame, con la conseguenza di un automatismo lesivo, che prescinde dall’intensità della lesione. Nella vicenda del diritto all’integrità dell’opera, la tutela, invece, non si dirige all’opera in quanto tale, ma alla capacità di evocare il suo autore, insita nel tratto artistico in essa compresente, con la conseguenza che non interessi ex se l’integrità del corpus mechanicum, ma la sua rappresentazione esteriore. Integrità, peraltro, non solo materiale – si pensi al progressivo decadimento qualitativo che, specie per l’ascolto della musica, le nuove tecnologie hanno comportato rispetto ai precedenti supporti di riproduzione (è nota tra i cultori della materia, la maggiore qualità del suono di un disco in vinile rispetto a quello compattato in un file) – ma anche di indole strutturale, ove ad esempio si verifichi che l’opera si manifesti nella sua fisica integrità, ma il contesto, le modalità, l’utilizzo nell’esposizione possano pregiudicare l’autore, in quanto l’intervento è idoneo a falsare il carattere e il significato dell’opera nel giudizio del pubblico. Proprio in questo settore la casistica riduce la lesione del diritto morale in tutti quei casi in cui la lesione all’integrità dell’opera comporti vicende di degrado tali da riflettersi sull’artista creatore, con riferimento sia ad imperfezioni fisiche (come la masterizzazione difettosa di musica o la degradazione informatica della riproduzione di un’opera d’arte), che al contesto distributivo (come l’abbinamento dell’opera nei social network a campagne promozionali di altri prodotti e servizi), così riducendo l’emersione di particolari spunti definitori di nuovi danni alla personalità artistica dell’autore. Il che finisce per segnalare definitivamente la coloritura economicistica del tratto morale, che meccanicamente riflette la prassi di parametrare il danno sul prezzo della mancata monetizzazione del consenso. In questa tendenza si iscrive il D.M. 30 dicembre 2009 del Ministro per i Beni e le Attività culturali di rideterminazione dei compensi per copia privata, che prevede il prelievo di una somma forfettaria su ogni apparecchio di memoria venduto, commisurata all’estensione della memoria stessa, da attribuire alla Siae che poi la ripartirà tra i titolari dei diritti di privativa, con ciò consacrando una sorta di riparazione preventiva per l’eventualità che con tali dispositivi si copino opere coperte da privative. Il che – oltre a suscitare problemi di compatibilità con la normativa europea, come recentemente stabilito dalla Corte di Giustizia – lascia sullo sfondo l’eventualità che la copiatura delle opere dell’ingegno possa comportare altresì menomazioni all’integrità delle stesse tali da riflettersi sull’interesse morale dell’autore.File | Dimensione | Formato | |
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