To what extent is it plausible and legitimate to put institutional investors at the service of en-vironmental protection or the achievement of humanitarian goals? In addressing this question, the paper explores the practical and legal implications of shift-ing towards a new paradigm of stakeholderism according to which institutional investors would be required to exercise their rights as shareholders to urge investee companies to in-ternalize the negative effects of their activities on environment, society, and human rights. Such an approach raises issues of political legitimacy, since it results in imposing on the as-set managers the duty to influence the ESG orientation of portfolio companies without any prior consultation of the beneficial owners – an issue that is exacerbated by the high con-centration of wealth in the hands of a few large asset managers (the “Big Three”). From this perspective, the paper analyses how an obligation of asset managers to take into ac-count the ESG preferences of shareholders in their engagement choices could be construed, and the effectiveness of policy choices designed to ensure that institutional investors act as a “transmission belt” to signal to the investee companies the ESG preferences expressed by the ultimate beneficiaries (for instance, by providing for an advisory vote of shareholders’ meeting on the company’s sustainability policies).

Fino a che punto è plausibile e legittimo porre gli investitori istituzionali al servizio della tutela dell’ambiente o del raggiungimento di obiettivi umanitari? Nell’affrontare questo interrogativo, l’articolo esplora le implicazioni pratiche e giuridiche della scelta di adottare un nuovo paradigma in forza del quale gli investitori istituzionali siano tenuti a esercitare i loro diritti di azionisti per sollecitare le società partecipate a inter-nalizzare gli effetti negativi delle loro attività sull’ambiente, sulla collettività e sui diritti umani. Un approccio di questo tipo solleva temi di legittimità politica, in quanto si traduce nell’imporre ai gestori di patrimoni il dovere di influenzare l’orientamento ESG delle socie-tà in portafoglio senza alcuna consultazione preventiva dei proprietari finali – un problema esacerbato dalla elevata concentrazione di potere nelle mani di pochi grandi asset managers (le c.d. “Big Three”). Muovendo da tale prospettiva, il lavoro analizza la fisionomia di un eventuale obbligo degli investitori istituzionali di tener conto delle preferenze ESG dei lo-ro clienti nelle scelte di engagement. Alcune riflessioni sono dedicate, infine, al problema dell’efficacia di scelte regolatorie funzionali a garantire che gli investitori istituzionali agi-scano da “cinghia di trasmissione” per segnalare alle società partecipate le preferenze ESG dei beneficiari finali (ad esempio, prevedendo un voto consultivo assembleare sulle politi-che di sostenibilità dell’impresa).

Soci istituzionali e capitalismo “responsabile”

Marco Maugeri
2023-01-01

Abstract

To what extent is it plausible and legitimate to put institutional investors at the service of en-vironmental protection or the achievement of humanitarian goals? In addressing this question, the paper explores the practical and legal implications of shift-ing towards a new paradigm of stakeholderism according to which institutional investors would be required to exercise their rights as shareholders to urge investee companies to in-ternalize the negative effects of their activities on environment, society, and human rights. Such an approach raises issues of political legitimacy, since it results in imposing on the as-set managers the duty to influence the ESG orientation of portfolio companies without any prior consultation of the beneficial owners – an issue that is exacerbated by the high con-centration of wealth in the hands of a few large asset managers (the “Big Three”). From this perspective, the paper analyses how an obligation of asset managers to take into ac-count the ESG preferences of shareholders in their engagement choices could be construed, and the effectiveness of policy choices designed to ensure that institutional investors act as a “transmission belt” to signal to the investee companies the ESG preferences expressed by the ultimate beneficiaries (for instance, by providing for an advisory vote of shareholders’ meeting on the company’s sustainability policies).
2023
Fino a che punto è plausibile e legittimo porre gli investitori istituzionali al servizio della tutela dell’ambiente o del raggiungimento di obiettivi umanitari? Nell’affrontare questo interrogativo, l’articolo esplora le implicazioni pratiche e giuridiche della scelta di adottare un nuovo paradigma in forza del quale gli investitori istituzionali siano tenuti a esercitare i loro diritti di azionisti per sollecitare le società partecipate a inter-nalizzare gli effetti negativi delle loro attività sull’ambiente, sulla collettività e sui diritti umani. Un approccio di questo tipo solleva temi di legittimità politica, in quanto si traduce nell’imporre ai gestori di patrimoni il dovere di influenzare l’orientamento ESG delle socie-tà in portafoglio senza alcuna consultazione preventiva dei proprietari finali – un problema esacerbato dalla elevata concentrazione di potere nelle mani di pochi grandi asset managers (le c.d. “Big Three”). Muovendo da tale prospettiva, il lavoro analizza la fisionomia di un eventuale obbligo degli investitori istituzionali di tener conto delle preferenze ESG dei lo-ro clienti nelle scelte di engagement. Alcune riflessioni sono dedicate, infine, al problema dell’efficacia di scelte regolatorie funzionali a garantire che gli investitori istituzionali agi-scano da “cinghia di trasmissione” per segnalare alle società partecipate le preferenze ESG dei beneficiari finali (ad esempio, prevedendo un voto consultivo assembleare sulle politi-che di sostenibilità dell’impresa).
Institutional Investors; ESG; stakeholderism; responsible capitalism.
Investitori istituzionali; ESG; stakeholderism; capitalismo responsabile.
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